Tempo ed etica. Riflessioni di un archeologo

La morte di una persona a noi contemporanea la percepiamo come un dramma, Otzi, che pure è vittima di omicidio, è un interessante cadavere da osservare.
Il tempo è anche una dimensione etica.

Nella percezione del suo scorrimento si dissolvono le cariche emotive e le reazioni connesse ad etica e morale; nella nostra condizione riusciamo solo ad osservare verso un punto di fuga, come se il tempo fosse una delle linee che definiscono la prospettiva, rischiando di creare una diastasi con il resto. Il distaccamento, se incontrollato, ci isola in una campana di vetro senza passato nè futuro.
La percezione che ho è che nella nostra epoca si tenda effettivamente a focalizzare l'attenzione sull'istante, abbandonando la ricchezza di informazioni e stimoli che ci deriva dal passato e la spinta a creare qualcosa per il domani. Siamo sempre più nel momento del "pochi, maledetti e subito!" -punto di vista condivisibile nell'emergenza-, che, se prolungato, ci fa dimenticare che quel domani oscurato ad un certo punto sarà il nostro oggi, lasciandoci così senza basamenti e mezzi per riprenderci.
Dopo le rivoluzioni culturali e sociali, che hanno portato a concepire i diritti essenziali della persona, dopo quelle tecnologiche..., una rivoluzione possibile ed auspicabile è quella del riposizionamento dell'essere umano nel tempo. Rompiamo le nostre cappe, riannodiamo i legami con il passato, rielaboriamo conoscenze e pensieri gettando connessioni verso il futuro. L'essere umano deve avere la coscenza d'essere un ponte tra passato e futuro, non un punto.
Coerentemente con quanto detto in relazione all'importanza del design, nel senso di progettazione complessiva, potremmo chiamarla la rivoluzione della lungimiranza.
In conseguenza di questo post (e di tutti gli altri) inserirò un altro aspetto, oltre a #PassatoFuturo proverò a stimolare un ragionamento intorno al concetto di #DesignYourCity!

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