Da Tamale a Copenaghen

Sarebbe facile iniziare con Amsterdam, Berlino o Copenhagen, e quindi...

Tamale, nord del Ghana.

La città principale dell'area dove inizia la savana africana, centro urbano nato agglomerando piccoli villagi tradizionali. Città tutt'altro che ricca e precisa o moderna, luogo in cui o diluvia o si cuoce sotto il sole... eppure è un centro pieno di dignitosissime piste ciclabili.

Porzioni di strada separate dalle aree pedonali e divise tramite un cordolo dalla carreggiata. Ecco partiamo da qui: tutte le volte che nei miei post ho toccato l'argomento della viabilità alternativa, l'ho fatto pensando a strutture ben progettate, protette e facili da usare. La carreggiata dedicata alle bici deve essere separata dal resto, e deve avere lo spazio sufficiente per almeno due ciclisti, il contravvenire a questi minimi di progettazione comporta due conseguenze fondamentali. L'infrastruttura non rispetta le esigenze minime dei suoi fruitori unici. La convivenza tra pedoni e ciclisti diviene incredibilmente confusa e difficile aumentando la frizione tra le due parti ed il malcontento. Quindi una pista ciclabile mal fatta porta automaticamente al rinunciare alla bici o all'insulto verso il ciclista che per passione si ostina ad usarla.

Abbiamo iniziato dalla torrida savana e giungiamo in Scandinavia. Lo scopo dei miei post è stimolare l'immaginazione, fermento per progettare, oggi lo faccio guardando a testimonianze concrete.

Viaggiando da Roma a Berlino e quindi a Copenaghen ebbi la sensazione di spostarmi nel tempo più che nello spazio; quel viaggio mi portò dal passato al presente e quindi al futuro. Le foto che propongo sono molto eloquenti e si ricollegano alla mia idea di coordinamento tra infrastrutture e ambiente come anche tra queste e l'architettura. Piste classiche e sopraelevate per ricucire i quartieri e rendere tutto più vivibile ed offrire nuove prospettive; servire le aree verdi urbane o periurbane per renderle correttamente fruibili.

 


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